Una Pasquetta in fiamme

  • Aprile 15, 2025

Una Pasquetta In Fiamme

Oggi la primavera era al suo meglio: faceva caldo, non una nuvola offuscava il cielo azzurro e tutta la famiglia si era riunita in giardino per festeggiare la Pasquetta. Giuseppe e suo fratello Michele si occupavano del barbecue, mentre i bambini rincorrevano la palla. Le donne, ridendo e chiacchierando, portavano tutto fuori dalla cucina per apparecchiare il grande tavolo di legno per il pranzo.

– Il carbone non brucia.

– Lo sto già ventilando.

– Non funzionerà. Se continuiamo così, saremo qua fino alla prossima Pasqua. Aspetta un attimo. Fai un passo indietro.

Michele prese una bottiglia di alcol e la versò sulla brace. Dalla griglia si sprigionò immediatamente una fiamma viva. Mentre i due fratelli erano rimasti in disparte, nessuno si era accorto del piccolo Antonio, di due anni, che era accorso al barbecue proprio in quel momento. Si sentì un urlo di dolore quando la fiamma colpì il braccio del bambino. Dallo spavento, la madre lasciò cadere la ciotola d’insalata. Tutti i presenti corsero subito dal ragazzo, che piangeva e urlava per il dolore. Indossava solo una maglietta estiva e il fuoco gli aveva lasciato un segno di bruciatura rosso sull’avambraccio nudo sinistro.

– Perché non sei stato attento? Michele rimproverò il fratello.

– Te l’avevo detto di tornare indietro! Come facevo a sapere che stava arrivando il ragazzino? Non ho gli occhi dietro la testa!

– È tutta colpa tua! Perché non hai comprato una carbonella migliore? Così non avresti avuto bisogno dell’alcol!

– Aia, aia!

– Aiuto, aiuto! urlò istericamente la madre mentre cercava di non guardare il braccio ustionato e asciugare le lacrime del figlio – Fate qualcosa! Non chiacchierate! Shh, Anto’, andrà tutto bene, dice mentre carezza la testa. Non piangere. Qualcuno faccia qualcosa!

Non era chiaro chi stesse urlando di più, la madre o il figlio. La confusione delle persone che si gridavano addosso superava persino il pianto di Antonio. Nel frattempo, gli altri bambini si riunirono intorno agli adulti sopraffatti e fissarono affascinati il braccio di Antonio, che diventava sempre più rosso.

– Sta perdendo il braccio? chiese la cuginetta.

– Smettila di parlare così.

– Prendete del ghiaccio! Abbiamo bisogno di ghiaccio per raffreddarlo!

– No! Niente ghiaccio! La zia Marianna uscì di casa e la sua voce decisa squarciò il caos. – Giuseppe, chiama l’ambulanza, il 112.

– Ma che numero è?

– Io conosco solo il 118 – intervenne Michele.

– Il 112 è per tutte le emergenze in tutta Europa. Andiamo, adesso.

Spinse da parte la sorella, prese in braccio il piccolo e lo portò di corsa in bagno. Regolò l’acqua del lavandino finché fu fredda, ma non troppo, e gli tenne il braccio sotto il getto. Dopo qualche secondo, Antonio lo ritrasse, ma Marianna lo costrinse a immergerlo nuovamente sotto l’acqua.

– Sei un ragazzo molto coraggioso. Dobbiamo raffreddare bene il braccio per qualche minuto, è la migliore medicina adesso. Vuoi che il dolore sparisca presto, vero? Dopo, ti prometto che avrai l’uovo di Pasqua più grande che tu abbia mai visto.

Antonio singhiozzava. – È davvero così grande?

– Enorme!

– Che state facendo? Abbiamo bisogno di ghiaccio! gridò Giuseppe, che li aveva seguiti e ora sbirciava la scena da dietro la porta.

– Smettila con il ghiaccio. I danni alla pelle aumentano quando si usa il ghiaccio. Usa il ghiaccio per il tuo drink.

– Non voglio più tenere il braccio sott’acqua. Fa male.

– Devono passare almeno 15 minuti. Presto sarà tutto finito, tesoro. Portate un cellulare per distrarlo. E portatemi una coperta!

– A cosa serve la coperta?

– Giuseppe, prendila e basta! Non perdere tempo. Dobbiamo raffreddare il braccio, perché ogni paziente ustionato, cioè traumatizzato, perde calore corporeo. Quindi, paradossalmente, dobbiamo sia raffreddare che riscaldare.

– Quando sei diventata un medico? chiese la sorella, perplessa.

– Non lo sono. Ma ho frequentato un corso qualche settimana fa.

– Che tipo di corso?

– Il primo soccorso pediatrico.

– Non hai figli e lavori come una commercialista, perché ti interessa un corso del genere?

– Sono una zia, no? Inoltre, impari tante nozioni, utile anche per noi adulti. Questo sarebbe il primo soccorso per tutti noi. E come commercialista posso dirti che i dati sono preoccupanti. Le ustioni sono tra le cinque maggiori cause di incidenti in età pediatrica. I bambini di età compresa tra 0 e 4 anni sono particolarmente a rischio. I più piccoli trascorrono molto tempo in casa, ma ciò che a noi sembra una casa sicura non vale per loro. I pericoli si nascondono ovunque. Prese di corrente non bloccate, fornelli facili da raggiungere, coltelli in giro e così via.

– Non potevi fare anche tu un corso? – Giuseppe rimproverò la moglie quando tornò con la coperta – Non hai fatto altro che gridare.

– Come se tu avessi fatto di più! È per colpa tua che abbiamo questo problema.

– Smettetela di litigare. Un corso farebbe bene a entrambi.

– Beh, non ce la farei mai a ricordarmi tutto e non voglio prendere appunti.

– Non ce n’è bisogno. Avrai un manuale con tutto quello che c’è da sapere. L’ho già letto due volte. Ho imparato tante cose. In una situazione di emergenza devi avere la mente fredda e mantenere la calma.

– Sei troppo fredda! Come un robot.

– No, sto tremando, guarda – lei fa vedere la mano tremando – però tu devi rimanere tranquillo.

– Il braccio può andare ora?

– No, Antonio. Pazienza. Dov’è il cellulare?

Marianna guardò l’orologio e poi il braccio.

– Sembra che si tratti di un’ustione di primo grado, cioè più superficiale. La pelle dei bambini è molto più sensibile di quella degli adulti. Solo la parte anteriore dell’avambraccio è colpita, direi circa il 2-3% della superfice corporea.

–  Smettila di calcolare sempre solo perché sei una commercialista!

– No, la regola del nove è un metodo per calcolare la superficie corporea interessata da un’ustione, che viene riadattato per i bambini in base alla loro età. Tutto il braccio anteriore e posteriore vale 9%, ciascuna parte 4,5%. La parte colpita è solo quella anteriore, e per fortuna solo la meta, significa circa il 2 a 3%. Però questo lo verificherà il medico.

– È arrivata l’ambulanza, urlo Michele da fuori.

E Lei, avrebbe saputo cosa fare?

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